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Massimo Gallo

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REVANSCISMO E TERZA REPUBBLICA

REVANSCISMO E TERZA REPUBBLICA

La Francia che entra in guerra nel 1914 sta vivendo la fase della Terza Repubblica, il più longevo sistema di governo che il paese abbia avuto dai tempi della rivoluzione. Nata nel 1970, in seguito all’abdicazione di Napoleone III sconfitto nella guerra con la Prussia, la Terza Repubblica è segnata al suo sorgere dal disorientamento per l’umiliazione subita nel conflitto, chiusosi con la perdita dell’Alsazia-Lorena. Da allora il paese è riuscito a tornare nel novero delle maggiori potenze europee, ma questo non è basato a placare il senso della necessità di una riaffermazione sul piano internazionale e soprattutto di una rivincita nei confronti dell’ingombrante vicino tedesco.

La Francia investe nell’espansione coloniale, soprattutto in Africa e in Indocina, ed è proprio su tale fronte che riemerge il mai sopito contrasto. Nelle crisi marocchine del 1905 e del 1911, per il controllo del Maghreb, tra i due paesi si sfiora il conflitto. Per cautelarsi la Francia si affida alle alleanze: accantonata la rivalità con la Gran Bretagna – che nel 1898 ha portato sull’orlo di una guerra – Parigi sigla nel 1904 l’intesa cordiale con Londra, estesa tre anni dopo alla Russia (Triplice intesa, 1907).

La Francia che cerca la rivincita è un paese lacerato nel suo tessuto sociale e politico. Intorno all’idea revanscista si è coagulata una forte destra che raccoglie ampi consensi tra i vertici militari e i ceti più abbienti: nazionalista e monarchica, di sentimenti antisemiti, avversa il movimento operaio e la borghesia intellettuale. A essa si oppone una sinistra laica che esprime un orientamento violentemente anticlericale: la messa in atto di una politica di rigida separazione fra Stato e Chiesa esaspera i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche, in un paese di radicata tradizione cattolica, fino alla rottura con Pio X.

Nel 1889 l’inaugurazione dell’Esposizione internazionale di Parigi, con la costruzione della torre Eiffel, è una grande affermazione di prestigio sulla scena internazionale. Ma negli ultimi anni del secolo il clima interno è avvelenato dall’instabilità politica, dagli scandali finanziari, dalla crescita delle destre culminata nel fallito colpo di Stato del generale Boulanger (1889), dal montante disagio della classe operaria. Gli opposti schieramenti si organizzano: nel 1895 i socialisti danno vita alla Confédération générale du Travail (CGT), mentre nel 1898 le destre si raccolgono intorno all’Action française di Charles Maurras.

La maggiore crisi che la Repubblica deve affrontare in questo periodo è l’affare Dreyfus. L’ingiusta condanna nel processo per alto tradimento di un ufficiale ebreo suscita la ferma presa di posizione di una parte degli intellettuali. Il paese si spacca tra innocentisti e colpevolisti, si sfiora la guerra civile. Sono le due anime della Francia a contrapporsi: quella progressista e democratica contro quella militarista, cattolica e reazionaria.

La Francia entra nel XX secolo governata da un blocco radical-socialista. La crescita industriale e il montare delle tensioni sociali – concretizzatosi fra il 1904 e il 1909 in un’ondata di scioperi – fanno emergere le contraddizioni della coalizione al governo che, sebbene abbia varato un’ampia legislazione sociale, prima con Georges Clemenceau e poi con Aristide Briand, non ha esitato a reprimere e agitazioni operaie anche a costo della rottura con i socialisti. Le divisioni in seno alla sinistra aprono la via alla formazione del governo conservatore di Raymond Poincaré (1913), i toni della propaganda revanscista e antitedesca si fanno sempre più violenti e di fatto il paese si prepara alla guerra, ormai avversata solo dai socialisti della Sezione francese dell’Internazionale, guidata da Jean Jaurès.

La guerra arriva a ricompattare il paese: nell’Union sacrée, governo di coalizione di tutti i partiti, i nemici di ieri si alleano di fronte al supremo pericolo, dreyfusardi accanto ad antidreyfusardi, laici e cattolici, bonapartisti e repubblicani. Nel nuovo clima non c’è posto per le opposizioni e per chi cerca una conciliazione. Il 31 luglio 1914, a poche ore dalla mobilitazione, al caffé Croissant di rue Montmartre la pistola di un nazionalista uccide Jean Jaurès. <<Chacun le sait, M. Jaurès c’est l’Allemagne>>: con queste parole alcuni giorni prima l’Action française ha emesso la sua condanna a morte contro l’uomo colpevole di credere ancora che il conflitto sia evitabile, che l’Internazionale socialista possa fermare la guerra, che si possano amare la Repubblica e la pace insieme.

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