Filosofia
LA NASCITA DELLA FILOSOFIA OCCIDENTALE E LA SCUOLA DI MILETO
LA NASCITA DELLA FILOSOFIA OCCIDENTALE E LA SCUOLA DI MILETO
Il contesto culturale
La filosofia occidentale affronta le proprie radici nel mondo ellenico, in un passato lontano di ventisette secoli. Risalgono, infatti, al 600 a.C. i primi tentativi di spiegare e sistematizzare la realtà non in termini esclusivamente religiosi e teogonici.
Il termine filosofia deriva dal greco philosophía e letteralmente significa “amore del sapere”. Con questa parola si indica l’indagine razionale e critica intorno ai principali interrogativi che l’uomo si pone riguardo a se stesso e alla realtà che lo circonda.
Prima di questo periodo la principale forma di produzione del sapere era, in Grecia, la narrazione orale degli aedi, poeti che cantavano le gesta degli dèi e degli eroi. Il passaggio dalla trasmissione orale a quella scritta, che consente la nascita di nuove forme di arte e di conoscenza che travalicano i ristretti ambiti dell’oralità, fu una condizione culturale fondamentale per il successivo sviluppo del pensiero filosofico. Ai grandi poemi epici orali si sostituiscono le nuove forme personali e soggettive proprie della poesia lirica e le tematiche che i poeti affrontano sono diverse rispetto al passato.
La lirica greca
Non è solo la filosofia a prendere nuovi stimoli della situazione culturale della Grecia del VII e del VI secolo. Infatti proprio in quel periodo si assiste all’esplosione della grande stagione della poesia di Esiodo (e delle rappresentazioni poetiche delle cosmogonie) e della poesia lirica di cui Saffo, Ecateo e Alceo sono solo alcuni dei più illustri rappresentanti. Di questi poeti sono giunti pochissimi frammenti fino ai giorni nostri, famosissimi sono quelli della poetessa dell’isola Lesbo, Saffo, che narrano degli amori omosessuali dell’autrice. Come si vedrà anche in seguito, infatti, nell’antica Grecia l’omosessualità non era affatto condannata.
In questo contesto i primi pensatori cercano di dare interpretazioni diverse della natura rispetto alla diffusa tendenza del passato di ricercare esclusivamente nell’azione degli dèi la spiegazione delle origini del mondo.
Bisogna comunque sottolineare che molte delle discussioni avvenute tra il VII e il VI secolo a.C. ci sono state tramandate attraverso scritti di filosofi vissuti successivamente oppure attraverso brevi e dispersi frammenti delle opere originali. In questo senso alcune fondamentali opere successive hanno avuto un importantissimo merito archivistico nel riportare fino ai giorni nostri la filosofia degli albori; è il caso, ad esempio, della Metafisica di Aristotele e delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio. Anche in ragione di questo risulta difficile rintracciare con fedeltà i reali primi passi mossi dalla filosofia.
Tuttavia i primi filosofi (detti anche “fisiologi” data l’assoluta importanza che la natura ha nel loro pensiero) sono impegnati nella ricerca dell’elemento primordiale che ha dato origine alla vita del cosmo e quindi dell’uomo, il cosiddetto arché (termine greco che significa “principio”). Molti di loro, come vedremo, individuano l’arché in elementi materiali, altri in elementi immateriali. Resta tuttavia la necessità di dare una giustificazione razionale all’inizio delle cose.
Ad inaugurare la prima stagione della filosofia occidentale sono, soprattutto, i pensatori appartenenti alla cosiddetta scuola di Mileto, città della Ionia e notevole centro culturale nel VII-VI secolo a.C.: Talete, Anassimene e Anassimandro. In realtà l’attività di questi studiosi si pone a cavallo di più campi disciplinari: dalla matematica all’astronomia, fino alla speculazione astratta. Per formarsi come disciplina autonoma la filosofia avrà bisogno ancora di un secolo, quando, cioè, appariranno le prime vere e proprie riflessioni filosofiche come quelle elaborate dai sofisti, che per primi hanno spostato il centro dell’indagine speculativa dalla natura all’uomo. Proprio perché l’indagine dei sofisti rappresenta una sorta di spartiacque nella storia della filosofia occidentale, la storiografia tradizionale indica con il termine di presofisti o presocratici quei pensatori anteriori ai sofisti e a Socrate, ovvero anteriori a coloro che, per primi, hanno studiato soprattutto l’uomo.
I presocratici non costituiscono un insieme unico e compatto, piuttosto si distinguono in diverse tendenze e correnti:
- Scuola di Mileto
- Pitagora e i pitagorici
- Eraclito e gli eraclitei
- Parmenide e la scuola di Elea
- Empedocle, Anassagora e Democrito (i pluralisti).
Solo successivamente si hanno le novità legate alla filosofia dei sofisti (Gorgia e Protagora su tutti), i reali anticipatori del clima speculativo socratico.
Il contesto storico-geografico
La Grecia dei secoli VII e VI a.C. è senza dubbio la culla della cultura occidentale. Lì si sono sviluppate le prime forme di conoscenza anche grazie alla specifica condizione politica e geografica della civiltà greca antica. Il sistema avanzato del governo della polis offre uno scenario politico in cui lo sviluppo culturale risulta essere sua naturale conseguenza. Fondamentale fu il passaggio da una tipologia di governo basata sulla tirannide ad una basata sulla repubblica di tipo aristocratico, fino a forme di direzione democratica dello stato a partire dal IV-V secolo a.C. Inoltre, l’assenza di un potere centrale, determinata dalla frammentazione in diverse citta-stato (le poleis appunto), e i confini geografici piuttosto estesi, hanno fatto sì che si sviluppasse uno scambio culturale di grado inteso pur con la conversazione di una lingua e di una religione comuni.
Il mondo greco antico del VI secolo, infatti, non copriva solo l’attuale penisola illirica, ma aveva anche numerose colonie estendendosi oltre il mare. Esso toccava le coste del Nord dell’Africa (dove attualmente ci sono l’Egitto e la Libia), le coste del Mar Nero e quelle della Turchia mediterranea, il Sud Italia (ossia la Magna Grecia: le attuali regioni di Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Campania), la costa del Sud della Francia (nella zona di Marsiglia e Nizza) e parte della costa spagnola.
Questa situazione geografica rese possibile il contatto con diverse popolazioni asiatiche e africane che naturalmente influenzarono sia politicamente che culturalmente il mondo greco. Il VI secolo è, inoltre, il periodo in cui le città greche sono impegnate nello scontro aspro contro i Persiani di Ciro e di Dario (confronto che durerà anche per tutto il secolo successivo quando al trono dell’Impero persiano salirà Serse, figlio di Dario).
Appare, quindi, evidente che proprio la posizione della Grecia, al centro del Mediterraneo e a metà strada tra Oriente e Occidente, sia stata di fondamentale importanza per lo sviluppo della civiltà greca, e dunque della stessa filosofia, ma anche della scienza, della politica e della letteratura. A ragione, allora, la Grecia dei secoli VII e VI a.C. viene definita la culla del sapere occidentale.
Talete e l’acqua
Talete, nato a Mileto (in Asia Minore, sulle coste turche del Mar Egeo) tra il VI e il VII secolo a.C., è il primo grande pensatore a cui si fa generalmente risalire l’origine della filosofia occidentale. Egli si pone a cavallo tra la tradizione orale e quella scritta tanti che, non essendoci arrivato alcun frammento delle sue opere, è anche impossibile dire se sia stato o meno autore di scritti filosofici. Di lui è del suo pensiero ci sono giunte notizie dalle successive ricostruzioni di Diogene Laerzio, di Aristotele e di Erodoto.
Come attesta Platone nel Protagora, Talete era ritenuto uno dei sette savi, ossia le sette personalità pubbliche dell’antica Grecia vissute tra il 600 e il 500 a.C. considerate dai posteri come modello di assoluta saggezza. Di lui si sa che il suo ingegno gli permetteva di spaziare dalla riflessione sulla natura fino all’arte militare, dall’indagine economica (era un esperto della ceramistica, ossia dell’arte di procacciare denaro) fino alla politica. Ma le sue maggiori discipline di studio erano senz’altro l’astronomia, la matematica e l’indagine naturale. Pare, infatti, che Talete abbia predetto con precisione un’eclissi totale di Sole (effettivamente avvenuta nel maggio del 585 a.C.). Inoltre si fa risalire a Talete l’invenzione di un modello per la misurazione dell’altezza delle piramidi basato sulla misurazione dell’altezza dell’ombra.
Per quanto riguarda la filosofia, Talete è il primo grande pensatore ad aver inaugurato la ricerca dell’arché. È il primo uomo di intelletto, cioè, ad aver considerato la speculazione filosofica come una forma di riflessione sistematica volta alla ricerca di un principio razionale in grado di dare agio a una spiegazione complessiva della natura. Secondo Talete il principio generatore del mondo e quindi della natura è l’acqua.
L’acqua è principio di tutto, sostiene Talete, in quanto tutte le cose vive sono umide, mentre tutte quelle morte sono secche. I semi, ad esempio, generatori della vita vegetale, sono umidi; così il corpo umano e quello animale sono composti per la maggior parte da acqua.
Secondo alcuni Talete sarebbe stato parzialmente influenzato, in questa sua dimostrazione, da alcune credenze religiose mesopotamiche, in particolare dal culto della separazione primordiale delle acque che faceva risalire la vita del cosmo alla scissione delle acque dolci da quelle salate, rappresentate dagli dèi sposi Apsû e Tiāmat.
Talete secondo Diogene Laerzio
Principio dell’universo egli [Talete] disse l’acqua, concepì il mondo animato e pieno di demoni. Dicono pure che abbia scoperto le stagioni dell’anno e che abbia diviso l’anno in trecentosessantacinque giorni. Non ebbe alcun maestro, a meno che non si voglia tener conto dei suoi contatti con i sacerdoti in Egitto.
(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi)
Anassimandro e l’ápeiron
Anassimandro nasce, tra il 610 e il 609 a.C., nella stessa città di Talete, Mileto. Muore tra il 547 e il 546 a.C. Come il suo precedessore ha tra i suoi interessi la politica e l’astronomia, ma, a differenza di Talete, di lui sappiamo con certezza che produsse degli scritti filosofici. In particolare il testo dal titolo Sulla natura è il primo esempio di opera scritta nella filosofia occidentale (di quest’opera ci sono giunti dei frammenti attraverso altri autori). È proprio ad Anassimandro che si deve l’introduzione del termine arché per designare la sostanza unica da cui il mondo ha avuto origine.
A differenza di Talete, che designava nell’acqua il principio del mondo, secondo Anassimandro, ad aver dato origine al mondo, è un elemento indefinito e infinito, il cosiddetto ápeiron. L’ápeiron (“indeterminato”) è per Anassimandro un principio che non ha una materialità precisa (a differenza dell’acqua di Talete o di qualsiasi altro elemento della natura): in esso coesistono tutte le cose in un’unità indifferenziata, prima di diventare come sono ognuna con le proprie qualità, e in esso tutte le cose tornano dopo essere morte. È una visione della vita chiaramente ciclica quella di Anassimandro, in cui l’ápeiron occupa la fase iniziale e quella finale di ogni frammento.
Secondo Anassimandro, le cose derivano da questa sostanza primordiale e infinita attraverso un processo di continua e incessante separazione. Tutte le cose, ossia, si separono dalla sostanza principale e si specificano acquistando quelle che sono le loro caratteristiche, per poi tornarvi una volta morte. Il processo di separazione avviene attraverso la definizione dei contrari. Si separano cioè, in prima battuta, il secco dall’umido, il caldo dal freddo ecc. In questo modo Anassimandro definisce, oltre al processo di creazione delle cose, anche il motivo di origine che, risiedendo costantemente e ciclicamente in una sostanza primordiale infinita, si rispecchia in una sorta di precostituzione immortale (perché sempre esistita ed esistente) e dunque divina.
Proprio il fatto che la sostanza dall’ápeiron sia infinita e immortale fa sì che esista una pluralità di mondi infiniti. Un’infinità che si estrinseca sia nella dimensione dello spazio che in quella del tempo. I mondi sarebbero cioè infiniti e in infinita successione.
Per quello che riguarda il mondo Anassimandro sostiene che esso ha forma di cilindro, e che, posto al centro dell’universo, è fermo in quanto in perfetto equilibrio tra le forze che agiscono in maniera perfettamente eguale provenendo da punti equidistanti. In questo mondo sta l’uomo che non è certamente nato così come lo vediamo. Anzi, sostiene Anassimandro, essendo chiaro che l’uomo non riesce a nutrirsi da solo appena nato c’è sicuramente stato bisogno che i primi uomini fossero stati cresciuti da altre creature. Questi uomini delle origini, sostiene il filosofo di Mileto, sono nati all’interno di pesci, solo dopo essere cresciuti ed essersi resi indipendenti, essi hanno potuto cominciare a prendere il loro attuale posto nel mondo.
Anassimene e l’aria
Il terzo grande filosofo della scuola di Mileto è Anassimene. Nato nel 586 a.C. circa e morto intorno al 528 a.C. fu probabilmente allievo di Anassimandro.
Per Anassimene il principio generatore dell’universo è l’aria. Essa è il contenitore di tutto, da cui si genera (si è generato e si genererà) ogni cosa che esiste (che è esistita ed esisterà) e anche gli dèi stessi sono nati dall’arché dell’aria.
L’aria è anche il principio del movimento e del mutamento di ogni cosa. Il processo attraverso cui le cose si generano dall’aria è doppio:
- da una parte l’aria, rarefacendosi, genera il fuoco;
- dall’altra parte, condensandosi, genera in progressione prima i venti, poi le nuvole, l’acqua, la terra e la pietra.
L’aria genera:
Attraverso rarefazione –> fuoco
Attraverso condensazione –> venti, nuvole, acqua, terra, pietra
Anassimene ammette, inoltre, alla stessa maniera di Anassimandro, la natura ciclica delle cose. Come per il suo maestro, infatti, tutto sarebbe ritornato nell’ápeiron dopo essere nato dall’ápeiron stesso, anche per Anassimene le cose, una volta morte, tornano al loro principio generatore, l’aria appunto, che in questo modo risulta essere infinito e indefinito.
La scuola di Mileto e la ricerca dell’arché
Talete –> elemento materiale e definito –> acqua
Anassimandro –> elemento immateriale e indefinito –> ápeiron
Anassimene –> elemento materiale e indefinito –> aria