Filosofia
IL TESTO FILOSOFICO: GENERI, STUDIO E PRATICA DIDATTICA
Premessa
Per entrare nel mondo della filosofia bisogna, secondo F. Cambi, seguire tre regole: apprenderne la tecnica, immergersi nei suoi testi e riviverne il pensiero (F. CAMBI, L’esercizio del pensiero, Armando, Roma, 1992). La filosofia, infatti, è una tecnica e come tale va appresa: va ripercorsa la sua storia per impadronirsi del linguaggio, dei metodi, dei problemi. L’incontro con la filosofia può avvenire in maniera istituzionalizzata, scolastica oppure attraverso la lettura di un testo filosofico che ci apra ad un mondo nuovo e ci faccia appassionare alla materia. Oggi la lettura di un testo filosofico fa parte addirittura del nostro insegnare filosofia ai giovani se facciamo riferimento alle “vecchie” (ma non tanto) indicazioni dei programmi della Commissione Brocca, tra le quali alcune in particolare sottolineavano l’importanza dell’enucleare da un testo le idee centrali del pensiero di un autore, di ricollegare le stesse al contesto storico, di individuare analogie e differenze fra i vari metodi utilizzati nei diversi campi conoscitivi, di confrontare le soluzioni prospettate per uno stesso problema da più filosofi, di individuare ed analizzare la realtà contemporanea facendo riferimento a problemi “antichi” dell’uomo. Ancora oggi queste indicazioni sono valide come si evince dal “profilo generale delle competenze” in cui si richiede allo studente “una conoscenza il più possibile organica dei punti nodali dello sviluppo storico del pensiero occidentale, cogliendo di ogni autore o tema trattato sia il legame col contesto storico-culturale, sia la portata potenzialmente universalistica che ogni filosofia possiede […] e a tal scopo sarà necessario inserire ogni autore in un quadro sistematico, leggendone direttamente i testi, anche se solo in parte, in modo da comprenderne di volta in volta i problemi e valutarne criticamente le soluzioni”.
Moltissime generazioni di discenti hanno imparato la filosofia con il “metodo tradizionale”, che, basato sulla mnemonica acquisizione di nozioni, richiedeva tempi lunghi di apprendimento ed era quindi efficace in passato. Oggi gli alunni che possiedono un più maturo sviluppo mentale, che non sono “tabula rasa”, ma che hanno il loro “Vorverstandnis“, una loro “pre-comprensione”, fatta di tessuto di opinioni o “pre-giudizi” sulla fede, sulla politica, sulla scienza, sulla morale, ecc., hanno bisogno di “comprendere” ciò che loro viene detto piuttosto che memorizzarlo acriticamente. Il modello tradizionale “spiegazione, manuale, interrogazione” senza un contatto diretto con i testi filosofici è privo di quello “spirito problematico” che si richiede allo studente di oggi. Come sottolinea Mario De Pasquale (M. DE PASQUALE, La scrittura e la formazione filosofica, in F. DE NATALE [a cura di], La scrittura filosofica: elementi di teoria e didattica, Bari, 2000), finalità fondamentale dell’insegnamento della filosofia oggi è promuovere e guidare una formazione filosofica degli allievi e non “narrare loro mutuando il linguaggio dei manuali, che parlavano astrusamente dei filosofi”. Per De Pasquale la crisi dell’insegnamento della filosofia negli ultimi anni si può attribuire anche alla crisi della comunicazione tra linguaggio scolastico della filosofia e linguaggio dei giovani. Uno studente apprende la filosofia non quando ripete mnemonicamente a casa quanto sentito a lezione, ma quando tra sé e il testo filosofico si crea, per dirla con Gadamer, una “fusione di orizzonti”. Non va dimenticato che il naturale desiderio di conoscere, quella “meraviglia” di aristotelica memoria, è alla base della vita dell’uomo e della sua capacità di incuriosirsi e di indagare e, quindi, di continuare a vivere. Ecco perché bisogna insistere nell’ambito del “come insegnare filosofia” sul metodo della contestualizzazione e dell’interpretazione continua. Le architetture di pensiero costruite dai grandi pensatori sono risposte, figlie del loro tempo che divengono universali solo se in esse si sanno rintracciare valori universali e costanti antropologiche. L’uomo di oggi è quello di sempre che affronta, però, problemi di oggi. A queste problematiche contemporanee i “classici” del pensiero possono aiutare a dare risposte. È questo aiuto che va suggerito ai discenti. Costoro devono saper rispondere al presente anche con le letture del passato. La centralità del testo filosofico è diventata oggi un topos condiviso della didattica della filosofia.
Prima di procedere nell’analisi metodologico-didattica della lettura di un testo filosofico, chiariamo cosa si debba intendere per “scrittura filosofica”. Nella tradizione filosofica si possono individuare molti modelli e metodi di ricerca, come abbiamo visto nell’articolo precedente, e molti stili comunicativi, da quello narrativo a quello più scientifico, a cui corrispondono varie tipologie testuali: il poema filosofico di Parmenide, il dialogo platonico, l’Organon aristotelico, gli aforismi di Nietzsche, le Confessioni di Agostino, il Summa di Tommaso, il testo more geometrico di Spinoza, il saggio di Locke, la Critica di Kant, il Tractatus di Wittegenstein, ecc.
Come leggere un testo “filosofico”
Partendo dal presupposto che un’opera, letteraria o filosofica, non è mai “compiuta”, “finita”, ma sempre soggetta a nuove interpretazioni, un ruolo fondamentale nella lettura di essa è attribuito da in lato all’insegnante, dall’altro al lettore-discente stesso. Infatti l’insegnante è sì il medium tra l’opera filosofica e il lettore-interprete, ma è anche vero che ha il solo compito di “guidare” il lettore a una personale interpretazione dell’opera, non influenzandolo con le sue conoscenze pregresse ma aiutandolo a contestualizzare (conoscere il contesto storico-culturale-ideologico) l’opera in questione. Il vero protagonista del circolo ermeneutico testo, interprete, tradizione storica è il lettore stesso che è chiamato a rivestire più ruoli: quello di chi deve comprendere (operazione di lettura-interpretazione dei testi), di chi deve contestualizzare alla luce di quanto appreso dal suo insegnante, di chi deve elaborare e valutare, di chi deve applicare le cose apprese, di chi deve produrre scritti di filosofia, di chi deve ragionare su quanto appreso ed elaborato con i compagni di classe e con i professori (M. DE PASQUALE, ibidem).
Nel “dialogare” con un’opera filosofica il lettore-discente può seguire due linee di ricerca: “comprendere” meglio il pensiero, lo stile, il modo di ragionare del filosofo, “confrontarsi” con le sue idee, il suo metodo, il suo stile. Qualunque sia il tipo di ricerca che il lettore vorrà intraprendere uno dei problemi da considerare nella lettera di un testo filosofico è la “distanza storica” ovvero il fatto che spesso il contesto storico in cui è inserito il testo è ignoto al discente, o perché non ancora studiato o perché non lo si ricorda; questo può creare dei fraintendimenti, perché ogni mondo storico ha una pluralità di significati, di aspetti che vanno dal linguaggio ai valori, al modo di discutere e di comunicare. Per esempio, leggendo il termine”idea” in Platone, lo si associa al nostro modo di intendere l’idea come rappresentazione mentale e non come modello della realtà e lo stesso può valere per il concetto di “essere” o “metafisica” o “scienza”. Compito dell’insegnante è allora quello di accorciare quella distanza storica, fornendo un’adeguata conoscenza del contesto storico in cui si inserisce il testo filosofico in questione (ad esempio il significato di “scienza” prima della rivoluzione scientifica) e del relativo linguaggio.
Per l’analisi di un testo filosofico facciamo riferimento ai contributi dell’analisi linguistica e in particolar modo a due componenti: morfosintattica e semantica. La dimensione morfosintattica interviene in tutti quegli aspetti che attengono la coesione di un testo, ovvero agli elementi di connessione formale (congiunzioni, nomi, pronomi, ecc.); quella semantica riguarda la coerenza del testo, lineare o complessiva, che permette di individuare la ricostruzione del testo stesso. Umberto Eco parla anche dell’esistenza di testi “pigri” ovvero di quei testi pieni di cose “non dette” o “dette tra le righe” e il compito del lettore è quello di individuarle (lector in fabula). Riguardo la coerenza del testo è compito dell’insegnante far in modo che esso “parli con noi” e quindi dopo attente letture far individuare al discente ciò di cui si parla realmente e ciò invece di cui sembra che si parli. Il testo è come una ipotesi da verificare in laboratorio, va letto attentamente e vagliato, si formula una prima ipotesi e la si va a verificare, se non verificata se ne formula un’altra e così via fino ad arrivare ad un’ipotesi plausibile.
Alla luce di quanto detto possiamo indicare delle “regole” di massima per leggere e analizzare un’opera filosofica:
- individuare il genere di testo (saggio, dialogo, trattato, ecc.);
- individuare l’argomento affrontato;
- individuare il destinatario dell’opera;
- contestualizzare l’autore;
- individuare parole-chiave;
- individuare il metodo (dialettico, analitico, scientifico, ecc.);
- individuare la terminologia e lo stile adoperato.