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Massimo Gallo

PROFILO DI CHI ASCOLTA

PROFILO DI CHI ASCOLTA

“Ciò che conta non sono i fatti, ma come questi vengono percepiti, l’unica realtà è la percezione”. (Heinz Goldman)

Attraverso la comunicazione vogliamo trasmettere e far capire il nostro messaggio, facendo sì che l’interlocutore entri in sintonia con noi, con il nostro processo logico, con i nostri obiettivi, fino a condividere le nostre proposte o conclusioni.

Appare evidente che il processo di comunicazione è, a tutti gli effetti, un processo di vendita.

Se è vero che il postulato fondamentale della vendita è conoscere il proprio cliente, ma soprattutto i suoi bisogni, è altrettanto vero che il postulato fondamentale della comunicazione è conoscere le aspettative del proprio interlocutore. Questo significa che il messaggio deve essere pianificato e sviluppato in funzione del profilo di chi ascolta.

Le persone abili nella comunicazione sono fortemente empatiche, si pongono costantemente domande precise, tipo:

• “Se io fossi a posto del mio interlocutore (o dell’uditorio) che cosa potrebbe interessarmi di questa presentazione?”. Una domanda così semplice permetterebbe a molti oratori di snellire le proprie presentazioni focalizzandosi sul “cosa interessa agli altri”, anziché sul “cosa mi piace raccontarvi”.
• “Quali sono i bisogni del mio interlocutore che possono essere soddisfatti o stimolati dalla presentazione?”. Per esempio: se un insegnante deve aprire una lezione e il suo obiettivo è quello di ottenere la massima attenzione e il massimo apprendimento, su quale bisogno degli studenti può fare perno? Probabilmente sul tempo libero. La sua apertura potrebbe pertanto essere la seguente: “Ragazzi, so benissimo quanto sia faticoso studiare a casa dopo cinque ore di scuola al mattino, vi suggerisco pertanto di sfruttare al meglio questa lezione, prendendo appunti e chiedendo chiarimenti su ogni dubbio. Se lavorate bene in aula, con un piccolo ripasso a casa non dovreste avere problemi!”.

Un approccio come questo, che certamente è comune a diversi docenti, non richiede tecniche particolari, ma solo un po’ di empatia. In ogni caso identifica una proiezione comunicativa sugli interlocutori, sul loro profilo, sui loro bisogni, sui loro interessi.

Un venditore professionista sa benissimo che un prodotto straordinario si vende solo se è in grado di stimolare l’interesse del cliente e di soddisfare i suoi bisogni. Questo principio non è altrettanto chiaro nella comunicazione, dove l’oratore ha spesso la pretesa di imporre il proprio prodotto dimenticando il profilo delle persone che lo stanno ascoltando.

Arriviamo così a un nuovo postulato secondo il quale il primo passo per comunicare efficacemente è quello di conoscere il profilo dei propri interlocutori, allo scopo di stimolarne l’interesse e di entrare in sintonia con loro.

Analisi del profilo individuale

Cosa vorremmo conoscere del nostro interlocutore per rafforzare la comunicazione? Il condizionale è d’obbligo, perché non siamo sempre in grado di ottenere anticipatamente queste informazioni. Possiamo ipotizzare due aree investigative: una riguarda il profilo personale e una che riguarda il profilo tecnico-professionale.

Profilo personale

Comprende tutte le informazioni che definiscono lo status e la personalità di chi ascolta: famiglia, religione, hobby, attività sportive, cultura scolastica, idee politiche, motivazioni personali ecc. Prendiamo di nuovo a prestito dalle capacità di vendita esempi di forte comunicazione legati al profilo dell’interlocutore. Un bravo venditore di polizze assicurative non parlerà mai vagamente dei vantaggi di sicurezza di una polizza vita su un’ipotetica famiglia, cercherà viceversa di scoprire la composizione della famiglia, possibilmente anche i nomi e l’età dei familiari, per poter poi collegare la polizza del padre alla sicurezza futura dei figli Federico e Marco.

L’abile comunicatore ricorre anche ad analogie per facilitare la comprensione di un messaggio difficile. La scelta di queste analogie è tanto più forte quanto più si avvicinano al vissuto e alle abitudini dell’interlocutore: se sappiamo che chi ci ascolta è un patito di calcio, lo potremmo coinvolgere usando un linguaggio calcistico: “Nella sua gestione del personale lei deve agire da libero, non da stopper. Il suo compito è di intervenire solo nei casi di emergenza, non di fare il marcamento stretto sul personale!”.

Abbiamo elencato nell’esame del profilo anche le motivazioni personali, quali per esempio prestigio, desiderio di novità, sicurezza ecc.: basti pensare a come la comunicazione pubblicitaria sa far leva su queste argomentazioni. La pubblicità di un’auto di grossa cilindrata è quasi sempre diretta a esaltare il prestigio dell’acquirente e il suo desiderio di esibire il proprio successo, anziché descrivere le caratteristiche tecniche che ne fanno un’auto di classe superiore.

Un bravo oratore costruisce la presentazione facendo perno proprio sulle motivazioni personali dell’uditorio.

Profilo tecnico-professionale

Riguarda le informazioni relative allo status e al comportamento professionale dell’interlocutore, quali la sua posizione professionale, la collocazione nella gerarchia aziendale, le cognizioni tecniche, il comportamento decisionale ecc.

Forse l’esempio più comune è dato dalla necessità di capire la preparazione tecnica della persona, per poter adattare il proprio linguaggio al suo livello culturale. Vi sono delle categorie professionali incapaci di fare questo sforzo. Un esempio è rappresentato dalla classe medica, ma non fanno eccezione gli esperti di strumenti elettronici o in genere tutti coloro che parlano il linguaggio hard, che non sta per “linguaggio a luci rosse”, ma semplicemente linguaggio macchina, linguaggio tecnico accessibile solo agli addetti ai lavori.

In anni di esperienza di formazione sulla comunicazione, ricordiamo l’immane fatica degli esperti di sistemi nel cercare di uscire dal linguaggio hard per tentare di farsi capire dai propri utenti.

Il profilo del gruppo

Parlando di profilo dell’interlocutore, nasce spontanea la domanda: “Come si fa a identificare il profilo di un gruppo nel parlare in pubblico?”.

Il compito è sicuramente più difficile, ma non al punto di rinunciare all’analisi del profilo. Un uditorio non deve mai essere vissuto come una massa amorfa di persone, bensì come un insieme di individui, ognuno dei quali ha bisogni e interessi personali.

Tanto più questi bisogni saranno omogenei (per esempio una classe di scuola), tanto più efficace potrà essere la personalizzazione del messaggio in base alle loro esigenze.

L’oratore professionista è infatti preoccupato quando si trova a dover parlare di fronte a gruppi disomogenei per cultura, bisogni e aspettative. In questa situazione vale la regola del posizionamento sul gruppo più numeroso o di maggiore importanza.

Di fronte a un gruppo, se vogliamo essere efficaci, dobbiamo porci alcune domande specifiche prima della presentazione:
• chi sono i miei (il mio) interlocutori/e chiave?
• se io fossi al loro posto, cosa stimolerebbe il mio interesse?
• quali sono le loro aree di interesse?
• quali sono i benefici che potrebbero attendersi dalla mia proposta?

Sintesi dei punti essenziali analizzati:

PROFILO DI CHI ASCOLTA
MASSA AMORFA O INSIEME DI INDIVIDUI?
– Cultura individuale
– Interessi dei singoli
– Bisogni consci e inconsci
Comunicare per convincere = vendere
1. Conoscere chi abbiamo di fronte.
2. Stimolarne i bisogni.
3. Cercare di soddisfarli.

Per meglio sottolineare l’importanza del profilo dei singoli quando si prepara una presentazione, Immaginate la seguente situazione:

Un relatore parla di fronte a un centinaio di studenti prossimi alla laurea, con l’obiettivo di dare suggerimenti sul futuro mondo del lavoro. Il relatore, con una carica pubblica nell’ambito internazionale, insiste con un messaggio chiave e martellante (ad ogni modo non veritiero): “Senza il 110 e lode non è facile trovare lavoro e vi verranno precluse molte strade ai concorsi pubblici!”. Il gruppo non è rappresentato da giovani al primo anno di università ai quali poteva essere trasmesso il messaggio “studiate di più!”, bensì da laureandi. Sicuramente il 90-95% di questi non si sarebbe laureato con il 110 e lode.

Cosa pensate del risultato di quel messaggio? Probabilmente porterà frustrazione nei presenti, mentre lo scopo dell’incontro era quello di trasmettere fiducia e buoni consigli sulle future opportunità di lavoro.

Questo è quello che si chiama “parlare scordando chi abbiamo di fronte”!

Orientamento al copione e orientamento al pubblico

A seconda del valore e del peso che si attribuiscono all’uditorio, si possono distinguere due diverse tipologie di relatori.

1. Oratori orientati al copione. Sono coloro che preparano una relazione prescindendo dalla persone a cui dovranno rivolgersi, in quanto tendono a focalizzarsi sul contenuto senza preoccuparsi di chi si troveranno davanti.

In fase di presentazione tenderanno al monologo, evitando le domande e le fasi interattive.

Nel citare questa categoria di relatori desideriamo riportare un esempio riferito fa un gruppo di giovani neoassunti che stava partecipando a un programma di formazione postassunzione presso una società pubblica.

Un giorno entrò in aula un signore che, dopo aver salutato, esordì in questo modo:

“So benissimo che oggi vi annoierete e so benissimo che la valutazione che darete a questa giornata sarà molto scarsa, ma io ho concordato con i vostri superiori in programma che ho sintetizzato in 165 slide, e ho a disposizione sette ore per mostrarvele!”.

Fatta questa dichiarazione, il signore voltò le spalle al pubblico e iniziò la sua maratona. Ebbene, questa è l’esasperazione di una persona orientata al copione.

2. Oratori orientati al pubblico. Sono viceversa coloro che danno molto peso all’analisi preliminare del profilo dei partecipanti.

Per questi oratori il copione può essere solo una traccia di riferimento da seguire, perché una volta in scena sanno animare il gruppo per adattarsi alle sue esigenze.

Il vero focus di questo oratore è il pubblico.

Un oratore orientato al pubblico, che si trova di fronte a un gruppo di laureandi per offrire loro consigli sull’approccio al mondo del lavoro, nella fase di preparazione del proprio discorso si pone una semplice domanda:

“Se avessi 25 anni e fossi al loro posto, di quali consigli sinceri, pratici e attuabili avrei bisogno?”.
Certamente non del consiglio:
“Dovete studiare di più perché senza il 110 e lode vi si precluderanno molte possibilità di lavoro!”.

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