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Massimo Gallo

CHE COSA INTENDIAMO PER “REALTÀ”?

CHE COSA INTENDIAMO PER “REALTÀ”?

Se un albero cade nel mezzo di una foresta e non c’è nessuno a sentirlo, fa rumore?

Cosa intendiamo per “realtà”? Come possiamo essere certi che esista qualcosa? E ancora, “esistere” ed “essere reali” sono la stessa cosa?

CHE COSA C’È LÀ FUORI?

Per un filosofo niente può essere dato per scontato: tutto deve essere provato, compresa l’esistenza stessa. Cartesio disse: “Penso, dunque sono” nel tentativo di stabilire qualcosa di cui poter essere sicuro. Si sentiva certo della propria esistenza perché credeva che non avrebbe potuto pensare se non fosse esistito. Ma la sua supposizione non è sicura. Successivamente altri filosofi fecero notare che il pensare era prova dell’esistenza del pensiero, non che esisteva Cartesio per produrlo.

Che ne è dunque del Sole,
della luna e delle stelle?
Cosa dobbiamo pensare delle case,
dei fiumi, dei monti, degli alberi e delle pietre,
anzi dei nostri stessi corpi?
Forse sono soltanto chimere
e illusioni della fantasia?
George Berkeley, Trattato sui principi
della conoscenza umana (1710)

IL PROBLEMA DELL’ALBERO
Se un albero cade nella foresta e non c’è nessuno a sentirlo, produce un suono? Questa è una famosa domanda filosofica. Il filosofo inglese del XVII secolo John Locke avrebbe risposto di no. La maggior parte degli scienziati sarebbe d’accordo: il “suono” è un fenomeno definito dalla percezione che si ha di esso. Cadendo, l’albero produce vibrazioni che sono percepite come suono solo da un testimone uditivo. Se muovi la mano per aria, essa produce delle vibrazioni simili a quelle dell’albero che cade o del campanello che suona. Ma l’aria si muove troppo lentamente perché noi possiamo sentirla. È possibile che altre creature possano sentire il suono di una mano che si muove. Per loro il mondo dev’essere un posto molto rumoroso!

Non solo: se anche sei sicuro della tua esistenza, puoi dire lo stesso dell’esistenza degli altri? Può darsi che tu abbia creato il mondo esterno nella tua totalità, comprese le persone che lo abitano e le tue passate esperienze (incluso questo articolo che ti spinge a esaminare la questione). Forse nient’altro è reale.

[La realtà] è un’idea controversa,
per la quale ci sono “cose”
che “esistono” e questo fatto
per qualche ragione è inconfutabile.
Uncyclopedia (enciclopedia digitale
nota come parodia di Wikipedia,
con lo scopo di fare ironia su ogni
soggetto enciclopedico).

REALE O IDEA?

I filosofi che credono che la realtà esista a prescindere da chi la osserva sono chiamati realisti. Coloro che pensano che la realtà sia un costrutto della mente umana sono invece idealisti. Esistono molte sfumature di realismo e idealismo. Secondo il realismo di base la realtà esiste ed è esattamente come la percepiamo. Questa idea accomuna la maggior parte delle persone, che vivono con la certezza che la realtà c’è e corrisponde a come la pensiamo essere. I filosofi chiamano questa posizione “realismo ingenuo”. Aristotele era un arci-realista: non aveva dubbi che il mondo esteriore esistesse e fosse reale. Credeva inoltre che i nostri sensi fossero affidabili nel trasmetterci l’esperienza del mondo reale. Platone, il mentore di Aristotele, aveva una visione più complessa. Credeva che ci fossero due livelli di “realtà”. Il primo, quello superiore, era il regno delle “forme” ideali; la forma costituisce l’essenza o l’ideale di qualcosa (il cavallo perfetto, la più assoluta ideazione della giustizia e persino il miglior taglio di capelli esistono tutti a livello di “forma”). Purtroppo noi e i nostri corpi imperfetti non possiamo accedere al regno delle forme. Dobbiamo invece abitare nel secondo livello della realtà, lo scadente mondo materiale. Qui si possono trovare molti esempi (o rappresentazioni) delle forme, ma nessuna è veramente perfetta. I cavalli non sono tirati a lucido e super veloci, i sistemi giudiziari tendono a essere un po’ corrotti e non si contano le acconciature orripilanti. Ma è l’unica realtà cui possiamo accedere, dobbiamo accontentarci. Platone si servì del mito della caverna per provare a spiegare la differenza tra ciò che percepiamo come realtà (il mondo materiale) e il più puro, perfetto regno delle forme.

Il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) adottò un approccio analogo, distinguendo tra oggetti che esperiamo in quanto fenomeno (cioè la realtà nella sua forma visibile, annusabile, afferrabile e comprensibile) e oggetti “cose-in-sé”, che chiamava noumeni. Questi noumeni non esistono nel tempo e nello spazio e non possiamo realmente comprenderli, poiché esistono indipendentemente dai sensi e dalla percezione dell’uomo.

[Secondo l’idealismo] la realtà
degli oggetti esterni non è
suscettibile di prova rigorosa.
Immanuel Kant, Critica
della Ragion Pura (1781)

IL MITO DELLA CAVERNA
Immaginate un gruppo di persone imprigionate in una caverna. Sul muro, queste persone vedono le ombre proiettate dalle creature che vivono al di fuori della caverna. Per quel che ne sanno i prigionieri, queste ombre sono reali. Si arrovellano per formulare teorie che spieghino il funzionamento della realtà e perché essa è come è (= come appare). Se una persona dovesse riuscire a fuggire e si ritrovasse davvero nella realtà, avrebbe all’inizio difficoltà ad adattarsi. Al ritorno farebbe una gran fatica a convincere gli abitanti della caverna che quello che vedono sui muri non corrisponde alla realtà. Platone assume il ruolo di colui che ritorna alla caverna e tenta di spiegare all’umanità questa idea filosofica: ciò che vediamo non è la realtà nella sua forma più pura, ma è l’unica di cui possiamo fare esperienza.

(NON-)REALTÀ ALTERNATIVE

Se non sei persuaso dell’esistenza della realtà, puoi scegliere tra varie possibilità che sono state formulate nei secoli, tra le quali le più note sono:

Il cervello nella vasca: il tuo cervello non è veramente ospitato da un corpo che si muove nello spazio circostante. Sei solo un cervello in una vasca piena di liquido nutritivo. Un computer somministra al tuo cervello immagini e sensazioni di una realtà virtuale da lui creata e che tu pensi essere reale. Questa immagine è attribuita a Hilary Putnam a proposito dei suoi scritti del 1981.

Il genio maligno: un genio maligno ti ha in pugno e ti convince che la “realtà” è reale. Cartesio descrisse un “certo cattivo genio che abbia impiegato tutta la sua industria a ingannarmi” (Meditazioni metafisiche, Prima meditazione, 1641)

“È tutto un sogno”: dato che il sogni sembrano veri quando ci siamo dentro, come facciamo a essere sicuri che tutta la nostra vita non sia altro che un sogno? Nel IV secolo a.C., il filosofo cinese Zhuangzi raccontò di aver sognato di essere una farfalla. Al risveglio domandò come poteva sapere quale fosse la sua reale identità: era Zhuangzi che aveva sognato di essere una farfalla, o una farfalla che stava sognando di essere Zhuangzi?

“È appena successo”: il mondo è stato creato da poco, forse Giovedì scorso (la teoria esiste ed è a volte chiamata Ultimo Giovedismo). Qualsiasi cosa nel mondo è stata creata in modo da farti credere di essere molto più vecchia. Si tratta di una forma un po’ più complessa di creazionismo, che sostiene che il mondo, con la sua apparente storia geologica, sia stato creato solo qualche migliaio di anni fa.

NULLA ESISTE
Il filosofo greco Gorgia (483-375 a.C. circa) assunse una visione risolutamente negativa della realtà. Per lui:
• nulla esiste;
• se anche ammettessimo che qualcosa esiste, non sarebbe conoscibile;
• se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri.
Questa è una visione cosiddetta solipsistica, nella quale cioè l’unica certezza sta nell’esistenza di colui che pensa. (Attenzione però: in filosofia esistere ed essere reali non è necessariamente la stessa cosa).

E DIO IN TUTTO QUESTO?

Il vescovo anglo-irlandese George Berkeley (1685-1753), al quale spesso erroneamente attribuito il problema del rumore dell’albero, avrebbe detto che non solo non c’è suono, ma non c’è neanche l’albero. In questo caso, tuttavia, l’albero non esiste in un senso piuttosto particolare.

Per Berkeley, come più tardi per William Fossett, ogni esperienza deriva dalla percezione dei nostri sensi. Tutto ciò che esiste altro non è che la nostra percezione di cose e di stati, interni o esterni. Ciò che non percepiamo, non esiste; in altre parole: “esse est percipi “, ovvero essere significa essere percepiti. Ma Berkeley non credeva che noi producessimo queste percezioni dal nulla. Come era solito dire, quando apriamo gli occhi non siamo noi a decidere quello che vediamo. La molteplicità delle nostre percezioni viene da Dio. E poiché Dio continua a vedere un albero anche se nessuno lo guarda, l’albero continua a esistere nello stesso posto anche per colui che vi passa successivamente. È una teoria ingegnosa, ma esige molto da Dio, a cominciare dalla sua esistenza.

COME SONO LE COSE?

Ciò che sappiamo delle cose che esistono è sempre filtrato dai nostri corpi, che si parli dei nostri sensi o delle nostre menti (vedi l’articolo Che cosa sai?).

Siamo così nuovamente rimandati alle nostre percezioni: descriviamo le cose come dure o morbide, asciutte o bagnate, in base all’esperienza che abbiamo di esse.

Se toccaste una pelliccia e poi dell’acciaio, noterete di certo la differenza. La pelliccia è morbida, l’acciaio è duro. La pelliccia è calda, l’acciaio è freddo.

Ma quanto queste differenze sono reali, connaturate alle sostanze, e quanto sono semplicemente legate alla percezione che ne abbiamo?

Pelliccia e acciaio, se tenute nella stessa stanza per un po’, hanno entrambi la stessa temperatura. La pelliccia sembra calda perché è un isolante termico. L’acciaio sembra freddo perché è un conduttore di calore: assorbe il calore dalle nostre dita e pertanto lo percepiamo come freddo. La pelliccia ci sembra morbida perché è fatta di minuscole fibre che si muovono nei cuscinetti di aria che le separano.

Potremmo produrre della pelliccia dell’acciaio, ma il modo in cui generalmente incontriamo l’acciaio è sotto forma di blocco (a questo proposito pensate a quanto sembra morbida la limatura di ferro).

Poi, ovviamente, ci sono anche oggettive differenze tra i materiali, determinate dalla disposizione degli atomi e delle molecole.

Non c’è alcuna impossibilità logica
nell’ipotesi che il mondo si sia
materializzato cinque minuti fa,
e che sia sorto esattamente come era,
con una popolazione che “ricorda”
un passato del tutto irreale.
Non c’è alcuna connessione logicamente
necessaria tra eventi accaduti in tempi diversi;
perciò niente di ciò che succede adesso o che
accadrà in futuro può confutare l’ipotesi che il
mondo sia stato creato cinque minuti fa.
Bertrand Russell, L’analisi della mente (1921)

CI CREDIAMO, QUINDI ESISTE
“Realtà dal consenso” è un’espressione che utilizziamo quando una cosa o una situazione è considerata reale semplicemente perché la maggior parte delle persone la ritiene tale. Per esempio, in alcune società moderne e in molte società dell’antichità, il numero di persone che credono nell’esistenza di Dio è tale da fare di questa nozione la realtà, appunto in virtù del consenso.

John Locke distingueva le proprietà degli oggetti in primarie e secondarie. Le proprietà primarie appartengono agli oggetti: l’estensione nello spazio, la forma, che l’oggetto sia o meno in movimento e via dicendo. Le proprietà secondarie sono quelle che dipendono dalle nostre percezioni dell’oggetto, come il colore, il peso, il suono che emette.

Invece il filosofo tedesco Martin Heidegger credeva che la nostra comprensione del mondo fosse sempre in relazione a noi stessi. Definì Dasein, letteralmente “Esserci” (essere qui, ora), come lo stato dell’uomo. La nostra esistenza cioè è definita dal nostro posto nel mondo, ed è impossibile separare la nostra coscienza individuale dall’ambiente che ci circonda.

ESISTENZA QUANTICA

Una delle icone più famose (e forse l’unica icona famosa) della fisica quantistica è lo sfortunato “gatto di Schrödinger”. In questo esperimento mentale, concepito nel 1935, Erwin Schrödinger propose di immaginare un gatto chiuso in una scatola. Nella scatola vi sono anche una fiaschetta piena di veleno, del materiale radioattivo e in rilevatore per misurare il livello di radioattività. Se il rilevatore percepisce un decadimento radioattivo, la fiaschetta sarà automaticamente rotta e il veleno ucciderà il gatto. Senza decadimento radioattivo il gatto rimarrà illeso. La situazione del gatto non potrà essere conosciuta fino a quando la scatola non sarà aperta.

Secondo la teoria quantistica, la situazione del gatto non è neppure determinata fino all’apertura della scatola. Così il gatto è contemporaneamente morto e vivo fino a quando la situazione non è stabilita dall’osservazione.

Schrödinger concepì l’esperimento per mostrare quanto diventano ridicoli alcuni aspetti della teoria quantistica se portati dal livello atomico a quello del mondo circostante: perché il gatto è vivo e morto fino a quando il suo stato è rivelato, invece che vivo o morto fino a quando il suo stato non è conosciuto?

Come del caso dell’albero, la questione è in che modo la presenza di un osservatore influisca su come definiamo la realtà.

LA LUNA ESISTE?
Secondo un aneddoto (probabilmente apocrifo), Albert Einstein chiese al fisico quantistico Niels Bohr se davvero credeva che la Luna esistesse solo mentre qualcuno la guardava. Bohr rispose che Einstein non avrebbe potuto provare il contrario.

IL NULLA È QUALCOSA?

“Da nulla verrà nulla” dice re Lear alla figlia Cordelia. Ma sembrerebbe piuttosto che tutto provenga dal nulla, sia che attribuiamo le origini dell’universo a Dio sia che le attribuiamo al Big Bang.

Una delle domande-chiave della metafisica è perché c’è qualcosa (sempre che davvero ci sia) piuttosto che nulla. Ogni cosa è fatta in gran parte di nulla, e “nulla” ha significato solo grazie all’esistenza di qualcosa.

C’è molto più nulla di quello che pensiamo. Ogni atomo è composto al 99,999999999999 per cento di spazio vuoto. Questo significa che lo spazio occupato da ogni cosa è 1014 volte maggiore di quanto sarebbe se la materia all’interno di un atomo fosse compressa e priva di spazi vuoti. Provate a immaginare, se ci riuscite: significa che il Sole, che ha un diametro di 1,4 milioni di km, sarebbe ridotto a 1,5 centesimi di millimetro, o 14 micron. Circa un milione di volte più denso di un buco nero.

In altre parole, in ciò che chiamiamo materia il nulla è 100.000.000.000.000 volte più presente del qualcosa.

E nello spazio c’è ancora meno qualcosa (o ancora più nulla). È l’esistenza del nulla (lo spazio all’interno delle particelle e quello che separa una particella dall’altra) a rendere possibile il nostro mondo.

PERCHÉ C’È QUALCOSA PIUTTOSTO CHE NULLA?
L’esistenza dell’universo è generalmente spiegata facendo riferimento a un “motore immobile” che creò il tutto dal nulla. Esistono molti miti e religioni che identificano il motore immobile in un essere. Per la scienza, il più forte indiziato è il Big Bang. In entrambi i casi la domanda “cosa c’era prima” è inutile, come è inutile chiedersi cosa c’è a nord del Polo Nord.

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