COME SI IMPARA A PENSARE?
COME SI IMPARA A PENSARE?
Qual è il modo migliore per portare avanti una riflessione filosofica?
METTI TUTTO IN DISCUSSIONE
Un pensiero rigoroso non dà mai nulla per scontato. Nell’articolo precedente abbiamo visto come anche la domanda apparentemente banale “quale delle due montagne è più alta?” richieda di essere chiaramente definita prima che sia possibile darle una risposta.
La filosofia è una disciplina.
Devi pensare in modo rigoroso.
Non puoi semplicemente improvvisare.
E un pensiero rigoroso richiede un grande lavoro.
Tim Crane, Knightbridge Professor of
Philosophy, Università di Cambridge
In filosofia tutte le domande e tutti i termini devono essere dapprima esaminati e definiti per permetterci di proporre una risposta. In filosofia gli strumenti a nostra disposizione sono la logica e la ragione; le argomentazioni che da esse scaturiscono possono essere espresse esclusivamente attraverso il linguaggio. Per questa ragione il linguaggio stesso deve essere oggetto d’indagine.
Una parte considerevole del lavoro filosofico svolto nel XX secolo è consistito nell’esaminare le fondamenta e l’affidabilità del linguaggio. A un primo approccio si ha l’impressione che in filosofia tutto sia in continuo movimento, e che la proliferazione di domande sia inarrestabile. Questo può essere appassionante o angosciante, se non le due cose insieme. Se vi piacciono le certezze assolute, è possibile che la filosofia non faccia per voi. Ma se vi piace far fare un po’ di ginnastica al vostro cervello e non vi disturba la possibilità che le fondamenta sulle quali avete costruito la vostra vita siano spazzate via, allora forse la filosofia è proprio quello che state cercando.
SMANTELLARE OGNI CERTEZZA
Socrate diceva che l’unica cosa di cui fosse sicuro era la propria ignoranza, e che riconoscere questa ignoranza lo rendeva più saggio degli altri. Socrate amava mettere alla prova quelle persone che si consideravano erudite chiedendo loro di definire concetti banali come “coraggio” o “ingiustizia”. Successivamente presentava dei contro-argomenti che rivelavano quanto le risposte fossero incoerenti e contraddittorie: quali che fossero le risposte, riusciva sempre a contestare i loro ragionamenti.
Socrate voleva così mostrare quanto tutto fosse più complicato delle apparenze, e quanto fosse imprudente adottare acriticamente delle opinioni solo perché comuni. È per questo motivo che s’inimicò le autorità ateniesi.
La sua tecnica d’insegnamento, conosciuta come metodo socratico, è ancora utilizzata: si tratta di un metodo dialettico, ovvero nel quale il dialogo è visto come una discussione ragionata in cui la logica delle risposte dovrebbe condurre i partecipanti alla “verità”.
COSTRUIRE UNA TESI
Anche se Socrate usava la propria dialettica principalmente per smontare le convenzioni più radicate, essa è stata da allora usata per accrescere la conoscenza grazie al medesimo processo di domande e risposte, con le risposte che sollecitano nuove domande, le quali a loro volta indagano ulteriormente e permettono di avvicinarsi a una conoscenza più profonda.
La dialettica è spesso associata alla figura del filosofo tedesco del XVIII secolo Georg Wilhelm Friedrich Hegel, che la rappresentava in maniera tripartita (TAS):
TESI: l’idea o l’enunciato proposto come verità, per esempio “mentire è sbagliato”;
ANTITESI: una risposta argomentata alla tesi e che la contraddice, come “la menzogna può essere usata allo scopo di proteggere le persone da un pericolo, per questo può essere benefica”;
SINTESI: una riproposizione della tesi, che tiene conto delle obiezioni sollevate dall’antitesi. Nel nostro esempio potrebbe essere “mentire, quando non è finalizzato a proteggere la persona cui si mente, è sbagliato”.
Il processo può essere ripetuto: la sintesi diventa la nuova tesi, ed è a sua volta riesaminata e modificata. Questo continuo riesame, effettuato dialogando con qualcuno o svolto tra sé e sé, permette di testare le proprie idee e renderle più solide.
COMINCIA DA CAPO
Di solito i filosofi si appoggiano al lavoro di coloro che li hanno preceduti, e da lì alimentano il dibattito servendosi di argomentazioni logiche. Ma non sempre è così: la filosofia è una di quelle poche discipline in cui è possibile liberarsi del bambino e dell’acqua sporca per poi riempire di nuovo la vasca partendo da altri princìpi primi. Il nuovo modello, se logico e coerente, potrà essere preso sul serio. Martin Heidegger (1889-1976) e Ludwing Wittegenstein (1889-1951) erano persuasi che per duemila anni i filosofi si fossero sbagliati e che bisognava cominciare da capo. Wittegenstein si spinse persino a dire: “Mi è indifferente se già altri, prima di me, hanno anticipato i miei pensieri.” È una posizione che senz’altro permette di risparmiare il tempo che altrimenti verrebbe speso a studiare le idee precedenti, favorendo così un approccio nuovo e l’emergere di punti di vista completamente originali.
IL RUOLO DELLA LOGICA
La logica è un modo di pensare e ragionare altamente formalizzato, che si serve del linguaggio come di uno strumento di precisione. Il filosofo che per primo intraprese la messa a punto di metodi logici fu Aristotele, che visse ad Atene tra il 384 e il 322 a.C. Aristotele dimostrò come, a partire da due enunciati veri che hanno un “termine” in comune, si può giungere a un nuovo enunciato vero usando i termini che non condividono. Questo metodo è chiamato sillogismo, e il suo esempio più famoso è questo:
A. Tutti gli uomini sono mortali.
B. Socrate è un uomo.
C. Perciò Socrate è mortale.
In questo caso il termine comune nei primi due enunciati è “uomini/uomo”. Riduciamolo a una formula:
Tutte le A sono B. C è A. Perciò C è B.
Il terzo enunciato rimane vero anche quando facciamo a meno di parte del contenuto dei primi due (gli elementi uomini e mortalità). Questo prova che la logica è valida: si tratta di una relazione formale tra enunciati. Se entrambi i primi due enunciati sono veri, la sequenza funzionerà necessariamente. Questo tipo di logica non può essere confutata, ma il problema per la filosofia rimane la scelta dei termini (cioè trovare gli enunciati), che conducano a conclusioni rilevanti. Ed è in questo che dobbiamo essere molto attenti e precisi.
Supponiamo di dire:
Uccidere le persone è sbagliato.
L’aborto comporta l’uccisione di persone.
Perciò L’aborto è sbagliato.
Questo ragionamento presta il fianco a numerose obiezioni. La prima è se “uccidere le persone è sbagliato” sia un enunciato vero (in certe circostanze uccidere persone potrebbe non esserlo). La seconda è se l’aborto comporti effettivamente l’uccisione di persone: dobbiamo chiederci quando, o se, un feto può essere considerato una persona e se sia possibile “uccidere” qualcosa che non è vivo in modo indipendente. Così, in questo caso, se la logica sta in piedi, lo stesso non può dirsi del contenuto. Per praticare la filosofia, è necessario tenere sotto controllo sia il processo logico sua il contenuto. È così che si conferisce rigore al proprio pensiero.
FARE L’AVVOCATO DEL DIAVOLO
In un dibattito filosofico, una persona o un gruppo potrebbe fare la parte dell'”avvocato del diavolo”, difendendo una posizione non necessariamente condivisa al semplice scopo di rendere possibile il dibattito. Dal 1587 al 1983 quello di “avvocato del diavolo” fu un ruolo ufficiale. Nell’esaminare gli argomenti per la canonizzazione di nuovi santi, quelli a favore erano espressi dall'”avvocato di Dio”, mentre all'”avvocato del diavolo” spettava controbattere. All’avvocato del diavolo toccava il compito di trovare una falla nella tesi di Dio. Socrate faceva l’avvocato del diavolo al fine di scovare contraddizioni nel ragionamento dei suoi avversari.
DA CHE PARTE COMINCIARE?
È del filosofo francese René Descartes, italianizzato in Cartesio (che, tra l’altro, fu l’inventore delle coordinate cartesiane che ancora oggi usiamo per creare i grafici), la famosa asserzione “Penso, dunque sono”.
Fu quello per lui il punto d’inizio. Si rese conto che doveva partire da una certezza, un enunciato sicuro, e la certezza che trovò fu quella della propria esistenza, provata dalla sua capacità di pensare.
Servendosi del sistema di sillogismi aristotelico, poteva dire:
Solo ciò che esiste può pensare.
Io penso.
Perciò io esisto.
Per la maggioranza delle persone le questioni fondamentali e più pressanti in filosofia sono di tipo etico, cioè ambiscono a stabilire cosa sia giusto e cosa sbagliato da un punto di vista morale. È questo l’ambito in cui ci capita più frequentemente di confrontarci con dilemmi filosofici, ed è in questo ambito che essi avranno un impatto sui comportamenti delle persone. Domandarci se sia giusto mettere un parente anziano in una residenza per anziani contro la sua volontà o come trattare gli animali ci sembra probabilmente più urgente che chiederci se o perché la realtà esiste.
È spesso questo il punto di partenza: chiedersi cosa sia giusto fare, o provare a prendere posizione su un tema di attualità. Le domande filosofiche hanno però la tendenza a condurci oltre la loro missione iniziale. Una domanda a prima vista semplice e molto specifica spesso ha radici profondissime, ed è per questo che Cartesio doveva cominciare stabilendo la propria esistenza. È proprio questo aspetto che conferisce alla filosofia il suo fascino e rende il suo perseguimento uno sforzo gratificante.