GIOVANNI PASCOLI (1955-1912)
GIOVANNI PASCOLI: IL POETA DEL FANCIULLINO
Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna. La sua infanzia fu segnata da tragici eventi familiari: nel 1867, suo padre fu assassinato, un evento che influenzò profondamente la sua vita e la sua opera. Negli anni successivi, Pascoli perse anche la madre e tre dei suoi fratelli. Questi lutti contribuirono a creare in lui un senso di perdita e di nostalgia che permea molte delle sue poesie.
Studi e Formazione. Nonostante le difficoltà economiche, Pascoli riuscì a frequentare l’Università di Bologna, dove studiò lettere classiche e divenne allievo prediletto di Giosuè Carducci². Durante questo periodo, si avvicinò al socialismo e partecipò attivamente alla vita politica, subendo anche un breve periodo di incarcerazione per le sue idee.
Prime Opere e Poetica del Fanciullino. Nel 1891, Pascoli pubblicò la sua prima raccolta di poesie, “Myricae”, che segnò l’inizio della sua carriera letteraria. La sua poetica si basa sul concetto del “fanciullino”, un simbolo dell’innocenza e della capacità di meravigliarsi di fronte al mondo, che secondo Pascoli è presente in ogni essere umano. Questa visione si riflette nelle sue opere, caratterizzate da un linguaggio semplice e da una profonda sensibilità verso la natura e le piccole cose della vita quotidiana.
Vita a Castelvecchio e Opere Mature. Pascoli trascorse gran parte della sua vita a Castelvecchio, in Garfagnana, insieme alle sue sorelle. Qui scrisse alcune delle sue opere più importanti, tra cui “Canti di Castelvecchio” (1903) e “Poemi conviviali” (1904). Le sue poesie trattano temi di natura, memoria e morte, spesso con un tono malinconico e riflessivo.
Gli Ultimi Anni e il Lascito. Negli ultimi anni della sua vita, Pascoli continuò a scrivere e a insegnare, diventando una figura di spicco nella letteratura italiana. Morì il 6 aprile 1912 a Bologna, lasciando un’eredità di grande impatto sulla poesia italiana. Le sue opere continuano a essere studiate e apprezzate per la loro profondità emotiva e la loro capacità di catturare la bellezza delle piccole cose. Giovanni Pascoli è ricordato come uno dei principali esponenti del Decadentismo italiano, un movimento che cercava di esplorare le profondità dell’animo umano attraverso una poesia intima e personale. Le sue opere, caratterizzate da una sensibilità unica e da una profonda introspezione, rimangono tra le più importanti della letteratura italiana del XIX e XX secolo.
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La sua poesia ha esercitato più influenze di quanto non sia immediatamente visibile: Montale e Pasolini, ad esempio. È la poesia di Giovanni Pascoli. A raccontarne la vita, insieme a Edoardo Camurri, i critici Giulio Ferroni, Matteo Marchesini e il poeta Claudio Damiani. All’inizio le luttuose vicende familiari di Pascoli hanno determinato una prevalenza di temi sui legami fra il mondo dei vivi e quello dei morti, poi il suo rapporto con la natura ha liberato un verso dal carattere prevalentemente musicale, da Myricae ai Canti di Castelvecchio, fino ai saggi sulla poesia e sul ruolo del poeta, imponendosi come un autore più che mai moderno. Il racconto è arricchito dallo scenario delle mura, a lui care, della residenza di Castelvecchio, a Barga in Garfagnana, tra le famose scrivanie, la biblioteca, l’altana che si affaccia sulla vallata e il giardino in cui amava passeggiare ascoltando il verso degli uccelli.
Documentario RAI
Biografie & Letture
I grandi della letteratura italiana
Conduce: Edoardo Camurri