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Massimo Gallo

ORGANIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE

ORGANIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE

“La comunicazione efficace presuppone di mostrare all’interlocutore il disegno del ‘puzzle’, non i singoli pezzi”.

Assistiamo spesso a presentazioni in cui l’oratore è talmente preoccupato dalla quantità di informazioni che deve trasmettere in tempi più o meno stretti, che automaticamente dimentica i limiti di interesse, di ascolto e di comprensione dell’uditorio.

Questa situazione ci richiama alla mente l’analogia del puzzle, dove ogni elemento rappresenta una informazione. L’oratore prende uno a uno i pezzi e li mostra, senza tuttavia creare un collegamento d’insieme.

Che cosa riusciranno a capire i partecipanti?

Comunicare non può significare rovesciare sul tavolo un numero imprecisato di pezzi di puzzle estratti uno a uno da un sacchetto, perché le informazioni fornite in modo disorganico non comunicano. Comunicare vuol dire mostrare il disegno globale del puzzle, vale a dire offrire una visione organica di quelle informazioni.

Ricordiamo che l’obiettivo di una comunicazione non è quello di fornire informazioni, ma ottenere in risultato, portando l’uditorio a prendere coscienza di un certo messaggio o spingendolo a intraprendere un’azione. Possiamo pertanto dire che oltre ad avere informazioni chiare e ottime capacità comunicative, è necessario porgere in maniera organica le informazioni stesse.

Abbiamo quindi un nuovo postulato che dice: le informazioni di una presentazione, per essere efficaci, devono essere organizzate e seguire un iter logico e, se necessario, persuasivo. Una comunicazione organizzata segue un ordine che facilita l’ingresso nella logica comunicativa dell’interlocutore, nei suoi schemi mentali. In mancanza di questo ordine logico si rischia di trasmettere una serie caotica di informazioni difficili da seguire, memorizzare, razionalizzare (il sacchetto del puzzle).

Una comunicazione organizzata tende a limitare le informazioni a quelle essenziali su cui focalizzare l’attenzione dell’interlocutore, tenendo di riserva le informazioni di supporto alle quali ricorrere su richiesta (analogia dell’iceberg).

La comunicazione deve trovare la lunghezza d’onda del ricevente, per non creare una barriera tra chi parla e chi ascolta. Il ricevente non è sempre pronto a dichiarare di non aver recepito, in tutto o in parte, il messaggio; spesso si sente in colpa per aver ceduto a un attimo di distrazione, pertanto può non avere il coraggio di chiedere chiarimenti. Così facendo facilita la costruzione del “muro della incomunicabilità”.

Le fondamenta di un’efficace comunicazione sono quindi legate a un razionale lavoro preparatorio e a un disciplinato sviluppo della presentazione, secondo lo schema organizzativo preordinato, senza lasciarsi trascinare dagli eventi. Non si deve pensare che esista uno schema organizzativo di comunicazione universalmente applicabile: a seconda del tipo di presentazione si ricorrerà a quello più opportuno. Così la presentazione di un progetto di marketing comprenderà l’analisi della situazione, gli obiettivi, le strategie e il piano d’azione. Se invece la relazione avrà come tema l’analisi di un problema, partirà definendo il problema stesso, identificandone le possibili cause, selezionando quelle più probabili e verificandole.

In ogni disciplina esistono strutture di presentazione collaudate e codificate che facilitano la sintonia comunicativa.

Nelle aziende più evolute sul piano formativo e comunicativo si condividono dei modelli di struttura di una presentazione, ad esempio su come analizzare mensilmente i risultati di vendita o di produzione, al fine di disporre di un linguaggio comune anche nella forma di presentazione.

In questo articolo vogliamo presentare una struttura classica, molto efficace nella presentazione di progetti e in tutte le presentazioni a carattere persuasivo.

La struttura organizzativa che intendiamo presentare si sviluppa attraverso le seguenti fasi:
1. titolo della comunicazione; 2. background; 3. problema / bisogno / opportunità; 4. proposta / idea; 5. prove oggettive; 6. conclusioni; 7. piano d’azione.

Nel prendere in esame ogni singola fase della presentazione, a questo punto può essere opportuno avvalersi di un esempio.

Immaginiamo di dover introdurre nella nostra azienda una nuova stampante molto costosa e molto potente.

Le caratteristiche di questa stampante sono:
alimentazione automatica: fino a 100 originali (attuale stampante 50 originali);
praticità d’uso: visualizzazione a display di 200 messaggi di aiuto, particolarmente studiati per facilitare la comunicazione tra macchina e utente;
fronte-retro automatico;
velocità: nettamente superiore alle stampanti attuali;
funzione scanner e fax; prezzo: doppio rispetto alle attuali stampanti.

Supponiamo che il manager responsabile dei servizi generali convochi la direzione per sponsorizzare l’inserimento di questa stampante in azienda. La presentazione potrebbe essere più o meno questa:
“Signori buongiorno, vi ringrazio di essere venuti a questa riunione nella quale vorrei presentarvi una grossa opportunità per la nostra azienda: quella di acquistare una nuova e potente stampante per rendere più snello il nostro lavoro e quello delle segretarie.
Come potete osservare, la stampante che sto proponendo è dotata di alimentazione automatica fino a 100 originali, rispetto ai 50 delle stampanti attuali… (il manager continua la sua dissertazione presentando gli altri dati tecnici)”.

L’esempio di presentazione abbozzato è quello tradizionale, basato sulla spiegazione tecnica del prodotto. Noi lo chiamiamo “l’approccio svizzero”, assolutamente neutrale, che sembra affermare implicitamente: “Questa è la stampante che vi propongo! Se vi va l’acquistiamo! Se non vi va pazienza! Io il mio lavoro l’ho fatto!”.

Un approccio del genere non segue una strategia persuasiva, non parte dal presupposto che quando una persona, in particolare un manager, ha un’idea valida deve esercitare la sua leadership e le sue capacità comunicative e persuasive per affermarla.

Questo tipo di presentazione può portare a un risultato positivo qualora la direzione riconosca che si può spendere anche il doppio per avvalersi di quei vantaggi tecnici, ma può anche portare a una serie di obiezioni come:
“Non vedo la necessità di raddopiare i nostri costi per disporre di un fronte-retro e di una funzione scanner e fax”
oppure:
“Perché spendere tanto per aumentare la velocità di una stampante, non è che dobbiamo fare le stampe con il cronometro in mano!”
o infine:
“Le stampanti che abbiamo non ci hanno mai dato problemi! Non vediamo il motivo di cambiare e spendere tanti soldi in più!”.

Le obiezioni-ostacolo che nascono dalla presentazione classica hanno un comune denominatore, quello di non riconoscere il bisogno che quella proposta intende soddisfare. Viceversa la presentazione persuasiva è imperniata sulla forte presa di coscienza di un bisogno, o di un’opportunità aziendale da parte di coloro che devono prendere la decisione.

Iniziamo a strutturare la presentazione della nuova stampante immaginando di doverla formalizzare con slides.

1. Titolo della comunicazione
La prima slide è dedicata al titolo, che ha la primaria funzione di attrarre l’attenzione e suscitare l’interesse per l’argomento trattato. Nonostante le apparenze, è meglio definirlo solo dopo avere già sviluppato i contenuti della presentazione, per essere certi della sua coerenza con il contenuto trattato. Ogni comunicazione deve avere un titolo che non può essere banalizzato, perché è un vero e proprio messaggio pubblicitario destinato a stimolare l’interesse dell’uditorio. Potremmo paragonarlo alla copertina del libro che vogliamo vendere: se il titolo non crea curiosità e interesse difficilmente il volume troverà acquirenti. Allo stesso modo, nel caso della stampante il titolo deve positivamente far capire all’uditorio che stiamo proponendo qualcosa di molto importante e che abbiamo bisogno dell’interesse e del contributo di tutti.
Un buon titolo deve:
• stimolare curiosità e interesse;
• focalizzarsi sui bisogni dei partecipanti;
• essere formulato positivamente;
• coincidere con l’obiettivo stesso (quando possibile).
ESEMPIO DI FORMALIZZAZIONE DEL TITOLO
Per stimolare fin dall’inizio l’interesse dei partecipanti il titolo deve offrire benefici quali: vantaggi economici, risparmio di tempo, razionalizzazione dei servizi ecc.
Classici titoli banalizzati potrebbero essere:
• “Problema stampanti”;
• “Una nuova stampante ad alte prestazioni”.
Titoli sicuramente più interessanti e stimolanti potrebbero essere invece:
• “Proposta per snellire i tempi e ridurre i costi nell’uso delle stampanti”;
• “Stampanti: analisi di un’opportunità di risparmio nei tempi di duplicazione”.

2. Background
Possiamo tradurre la parola Background con “informazioni di base”. Lo scopo di questa fase è di aggiornare l’uditorio sull’argomento, in modo da portare a un livello uniforme di conoscenza anche i partecipanti meno informati.
Un errore comune dell’oratore consiste infatti nel dare per scontata questa cultura omogenea.
Ne può derivare una difficoltà di partecipazione alla discussione da parte di alcuni membri oppure un eccesso di domande esplicative su informazioni di base.
Nel nostro esempio la fase background potrebbe comprendere i seguenti punti:
• cosa è stato discusso nelle riunioni precedenti su questo tema;
• dati statistici sul numero di stampanti esistenti;
• dati statistici sull’uso delle stampanti nei vari reparti;
• varie ed eventuali.

3. Problema/bisogno/opportunità
Il più comune errore che compie chi vende prodotti o idee è quello di offrire le proprie soluzioni a problemi/bisogni ipotetici del cliente.
L’approccio è più o meno il seguente: “Dispongo di un prodotto interessante e vi spiego le sue caratteristiche sperando che voi lo troviate utile e lo acquistiate!”. È come buttare in un fiume un amo senza esca nella speranza che un pesce di passaggio vi rimanga attaccato.
Questo è proprio quello che ha fatto il manager quando ha presentato la stampante: si è limitato a decantare le caratteristiche vincenti della nuova macchina.
Se vogliamo attuare un processo persuasivo, invece, la strategia da seguire è fondamentalmente diversa.
La persuasione non parte dal prodotto, bensì da un problema su cui desideriamo intervenire e per il quale il prodotto rappresenta una possibile soluzione.
Bravo venditore è definito colui che aiuta il cliente a comprare; così l’oratore professionista deve sempre partire dalla verifica della condivisione del bisogno da parte di coloro che devono decidere, solo allora potrà offrire una soluzione.
I direttori non sono disposti a raddoppiare i costi delle stampe, a meno che non intuiscano di poter risolvere problemi concreti, non quelli generici ipotizzati dal proponente.
Questa è pertanto la fase critica della presentazione, che richiede un’accurata analisi dei problemi emergenti, una verifica attenta di tutto ciò che non va cin le attuali stampanti, un esame dei tempi e dei costi presunti confrontati con stampanti più lente e prive di rilegatura automatica, del costo della carta e delle spedizioni postali (tenendo presente che con l’applicazione del fronte-retro si dimezzano i pesi e pertanto i costi nelle spedizioni).
In questa fase il relatore compie il massimo sforzo persuasivo: quello di sensibilizzare i direttori sulla necessità di cambiare e quello di verificare che la decisione sia generalmente condivisa.
Nel nostro esempio:
“Signori, dalla discussione mi sembra che sia emerso con evidenza che tutti condividiamo il fatto che le attuali stampanti in dotazione non siano in linea con le esigenze di un’azienda moderna come la nostra!”.
Questo passaggio è fondamentale, in quanto ci assicura che la prima parte della persuasione si è compiuta.
A questo punto siamo tutti d’accordo che abbiamo bisogno di una nuova macchina più moderna, e teoricamente abbiamo eliminato le obiezioni ostacolo come: “Le stampanti che abbiamo avuto finora a disposizione non ci hanno mai dato problemi! Non vedo il motivo di cambiare per spendere tanti soldi in più “.

4. Proposta/idea
Mentre nelle presentazioni tradizionali si tende a partire dalla proposta (la nuova stampante), nella comunicazione persuasiva ci si arriva solo dopo aver fatto prendere coscienza del problema/bisogno. Si tratta poi di dimostrare che la proposta è l’alternativa più valida e più specifica per soddisfarlo.
Parliamo di alternativa perché in un valido processo persuasivo dobbiamo aiutare gli interlocutori a decidere, cioè a scegliere la migliore alternativa. Dobbiamo quindi dimostrare che la nostra stampante è stata valutata e selezionata tra altre soluzioni possibili (altre marche di stampanti oppure mettendo a confronto un contratto leasing con l’acquisto). Le proposte a senso unico (prendere o lasciare) spaventano molti individui i cui processi decisionali richiedano una visione gi gioco ampia e analitica.
Un altro errore piuttosto comune è quello di presentare le caratteristiche tecniche della proposta lasciando ai partecipanti la possibilità di interpretare e dedurre i benefici che ne derivano. Per esempio: “La nuova stampante dispone del fronte-retro”. L’oratore nel dichiarare fronte-retro dà per scontato che l’uditorio intuisca tutti i benefici che ne deriveranno. Utilizzando la tecnica dell’argomentazione, il proponente è invece costretto a rendere espliciti tali benefici, mostrando come questi siano la risposta più coerente ai problemi/bisogni emersi.
Nel nostro esempio l’oratore potrebbe presentare così la proposta per il fronte-retro:
“Abbiamo visto che l’ampio uso che stiamo facendo delle stampanti ci costringe a ricercare modelli con prestazioni che garantiscano risparmi di tempo e denaro.
La stampante che propongo è dotata anche di copie in fronte-retro (caratteristica), pertanto possiamo avere in un solo foglio due pagine (vantaggio): questo si tradurrà in un risparmio di carta che ho stimato intorno ai 2 milioni annui, ma soprattutto in un risparmio di spedizioni postali valutato in circa 4 milioni annui (benefici). Vi devo confessare che il calcolo è approssimativo, ma, se volete vedere come sono state stimate tali economie, dopo questa riunione vi mostrerò i dettagli (tecnica dell’iceberg che esclude il dettaglio dagli aspetti sostanziali della riunione)”.

In sintesi
Una proposta vincente deve:
soddisfare direttamente i bisogni emersi e condivisi mostrando, con la tecnica del CVB, di rappresentare una risposta adeguata alle esigenze;
mostrare un sintetico schema “perdite e profitti” se vi sono riflessi economici. In genere il dato numerico ha più possibilità di sollevare domande e richieste di chiarimenti: anche coloro che sui dati tecnici si sono eclissati per scarsa competenza possono finalmente riemergere dichiarando: “Costa troppo!”;
• evidenziare come la proposta sia scaturita da un’analisi in cui sono state valutate più alternative. Se il gruppo dei partecipanti deve prendere una decisione, vorrà sentirsi arbitro di scegliere fra più alternative, e non incanalato verso una soluzione a senso unico;
• essere corredata da un modello decisionale di facile lettura e analisi se la decisione si presenta difficile. Per esempio, una tabella che permetta di confrontare diverse stampanti attraverso una serie di criteri valutativi (costi, velocità, copie, fronte-retro ecc.).

5. Prove oggettive
Per quanto convincente risulti, la comunicazione potrà sempre apparire poco oggettiva perché influenzata dalle opinioni e, a volte, dagli interessi dell’oratore.
In una presentazione persuasiva il potenziale cliente tende psicologicamente a ignorare buona parte dei vantaggi e benefici sottolineati da chi vuole convincerlo: nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione che abbia una certa importanza, tendiamo inconsciamente a opporre resistenza all’opera di persuasione di altri.
È difficile infatti pensare che la credibilità di chi parla sia tale da determinare un’accettazione automatica e incondizionata della proposta.
Inoltre ciò che per l’oratore è ovvio può non esserlo per chi lo ascolta. È pertanto necessario fare ricorso a prove oggettive di supporto per avvalorare la credibilità della proposta.
La scelta tra i vari supporti è condizionata dal profilo del ricevente: se per esempio questi è un amante delle statistiche, possiamo avvalerci di dati statistici di supporto, ma se si tratta di un individuo molto pratico potrebbe essere più confortato da esperienze fatte da altri.

In conclusione è importante disporre di prove per confermare oggettivamente la nostra tesi, ma dobbiamo riconoscere che le prove hanno valore diverso a seconda dell’interlocutore.
Vediamo quali sono le principali prove oggettive.

FATTI
Il dizionario definisce “fatto” qualcosa che si è realmente verificato.
La soluzione al problema può pertanto essere supportata con l’esempio di una situazione già verificatasi e dove il ricorso a tale soluzione ha avuto successo.

Per esempio:
“Sei mesi fa la società X ha introdotto nella propria azienda due stampanti come quella che vi sto proponendo, e oggi il responsabile del servizio, con il quale ho parlato, si dichiara pienamente soddisfatto per i seguenti motivi…”.

DATI STATISTICI E RICERCHE DI MERCATO
Sono le prove oggettive per eccellenza, ma a condizione che la fonte statistica o la ricerca sia accreditata, e che il ricevente dia loro valore. Nella vita aziendale vi sono spesso manager apertamente ostili alle statistiche e alle ricerche di mercato.
Il maggior difetto nell’utilizzo di dati statistici sta nell’affogare nei numeri, che diventano non più un mezzo per dimostrare qualcosa, ma un fine.
Quando dobbiamo usare supporti numerici è bene:
• limitarsi ai dati essenziali per sostenere la propria tesi;
• presentare i numeri con un linguaggio vivace e colorito, vicino all’esperienza quotidiana.

A proposito di “linguaggio vivace”, ecco un esempio di trasformazione creativa di un dato numerico in messaggio efficace.
Un oratore doveva presentare a una conferenza internazionale i dati numerici sulla mortalità infantile, per ottenere fondi per interventi sanitari nel Terzo Mondo. Invece di dichiarare che ogni anno muoiono per denutrizione X milioni di bambini esordì con: “A ogni battito del vostro cuore ci sono 3-4 bambini che muoiono di fame… ma la situazione non la migliorerete rallentando i battiti del vostro cuore”.

TESTIMONIANZE DI ESPERTI
Il valore di questa prova oggettiva è legato alla notorietà e serietà della citazione: non sarà produttivo quindi riferirsi a esperti la cui fama è così discussa che solo menzionarli rischia di inficiare la credibilità della proposta.
La prova offerta dalla testimonianza ha pertanto valore solo se il nome offerto è garanzia di obiettività. Ne deriva che se il nome è sconosciuto all’uditorio dovrà prima essere presentato, rispondendo a un ipotetico quesito: “Perché questo signore è un esperto per il nostro caso?”.
Pensiamo per un attimo a come potrebbe suonare la credibilità di una proposta che si concludesse con: “Sui nostri suggerimenti si è espresso favorevolmente anche il rag. Bianchi che abita in via delle Pinzochere, nota strada del centro di Firenze!”.

6. Conclusioni

Se volete che il vostro messaggio
sia ricordato, prima dite cosa state per dire;
poi ditelo; infine dite che cosa avete detto.
G.B. Shaw

Prima di concludere una presentazione un buon oratore dovrebbe chiedersi sempre: “Se tutti avessero dormito durante la riunione, cosa dovrei dire in un solo minuto per convincerli della bontà della mia proposta?”.
La risposta è uno schema degli elementi chiave della comunicazione:

– TITOLO
– PROBLEMA
– PROPOSTA
– BENEFICI
– PROVE
– PIANO D’AZIONE

La sintesi ci offre un’altra opportunità, quella di poter concludere con un gran finale. Come dice D. Carnegie: <<… la conclusione è la parte verso la quale tutto il discorso deve idealmente convergere se vogliamo che l’uditorio ne riporti una certa impressione>>.

Vediamo un esempio di conclusione collegato al problema stampanti:
• Ebbene signori, è il momento di concludere il nostro incontro. Ci siamo riuniti per esaminare una proposta per snellire I tempi e ridurre i costi nell’uso delle stampanti. (TITOLO)
• Abbiamo constatato e condiviso che siamo di fronte a un problema di inadeguatezza delle attuali stampanti sia per quanto riguarda le prestazioni limitate che per i costi di gestione. (PROBLEMA)
• Tra le varie alternative esaminate, abbiamo visto come la stampante Gamma sia la più rispondente alle nostre esigenze. (PROPOSTA)
• Infatti le caratteristiche della stampante Gamma sono tali da permetterci una riduzione dei costi d’uso. (BENEFICI DELLA PROPOSTA)
• A conferma di tale proposta non ci sono solo le nostre analisi economiche, ma anche l’esperienza già vissuta con successo dalla società X in una situazione analoga alla nostra. (PROVE)
• Se siamo tutti d’accordo, come sono convinto, è il momento di passare al piano d’azione (PIANO D’AZIONE).

7. Piano d’azione
Un abile venditore chiude sempre la visita a un cliente con la richiesta di impegno. Vi sono invece abilissimi oratori che concludono tra gli applausi le loro presentazioni finalizzate a convincere l’uditorio, ma dimenticano questo semplice passaggio fondamentale.
Sembra quasi che l’abilità oratoria e comunicativa non si concilino con il pragmatismo di chi valuta il successo di una riunione in base al raggiungimento dei risultati che si era prefissati.
In realtà non si devono disdegnare gli applausi, purché l’attenzione sia sempre finalizzata al raggiungimento degli obiettivi. Anche perché gli applausi si dimenticano, ma i risultati restano.
Per fare questo occorre che il piano d’azione sia studiato e inserito come parte integrante della comunicazione. Per intenderci non si può improvvisare una richiesta d’impegno, bensì la si deve studiare nei dettagli.
Si dice che il tempo per agire è il presente, è importante quindi che l’uditorio sia trasformato in parte attiva e inizi a collaborare alla realizzazione della proposta. Sarà compito del ricevente curare tutti i dettagli del piano d’azione definendo le tre W (Who, What, When): chi deve fare cosa e quando.
Altro importante consiglio consiste nel far scattare il piano d’azione nel momento in cui l’uditorio si dichiara convinto.
• Un errore comune dell’oratore consiste spesso nel non percepire il sopraggiungere del semaforo verde (l’uditorio che manifesta la propria disponibilità), continuando a esibire ulteriori prove e dettagli. Il risultato è che a volte questo momento magico si perde per un nonnulla, magari a causa di un’obiezione sulla quale l’oratore si è arenato, fino a compromettere tutto il processo di convincimento.
Ritorniamo al nostro esempio di presentazione della nuova stampante: eravamo arrivati alle conclusioni, procedendo a una rapida sintesi dei punti salienti. A questo punto l’uditorio manifesta, forse solo implicitamente, il proprio consenso.
L’oratore deve capire che è questo il momento per passare al piano d’azione:
“Mi sembra che ci troviamo tutti d’accordo, a questo punto vorrei guadagnare tempo per passare all’azione. Siete d’accordo se domani prendo contatto con il fornitore per ricevere un’offerta formale? Gradirei però la collaborazione di uno di voi…!”.

È necessario sottolineare che in anni di esperienza aziendale raramente abbiamo visto capitalizzare in modo così pragmatico l’energia positiva che scaturisce da una riunione ben condotta.

In genere l’oratore esprime la propria soddisfazione per avere condotto bene la riunione e per avere ottenuto il consenso dei presenti sulla propria idea. Il passaggio alla fase pratica viene vissuto come una fase esterna alla riunione e a volte rimandato di qualche giorno, con l’inconveniente di trovare meno disponibilità negli interessati o, peggio, un raffreddamento nell’entusiasmo per il cambiamento proposto durante la riunione.

Ecco perché il tempo per agire è il presente.

Lo schema seguente riassume tutte le fasi della presentazione persuasiva che abbiamo evidenziato.

TITOLO
• Messaggio pubblicitario, deve stimolare curiosità e interesse
BACKGROUND
• Informazioni di base per facilitare la comprensione.
PROBLEMA
• Stimolo alla presa di coscienza dei bisogni consci e inconsci.
PROPOSTA
• L’alternativa più valida alla soluzione del problema.
PROVE
• Supporto oggettivo a sostegno della proposta.
CONCLUSIONI
• Messaggi chiave da enfatizzare (titolo + problema + proposta + prove + piano d’azione).
PIANO D’AZIONE
• CHI deve fare, COSA, QUANDO (le 3 W).

Quesiti per una presentazione persuasiva

Obiettivo
• Che risultato mi propongo con questa presentazione?

Profilo del mio uditorio
• Chi sono i miei interlocutori chiave?
• Cosa può interessare loro della mia presentazione?
• Quando sono interessati al dettaglio?
• Quali sono le loro motivazioni sul tema trattato?

Apertura
• Come devo presentarmi?
• Come posso stimolare un buon interesse?
• Cosa mi aspetto dai partecipanti?
• Quali sono i tempi a disposizione?
• Come si svilupperà la presentazione (dibattito, temi da discutere ecc.)?

Background
• Qual è la preparazione del mio uditorio sull’argomento?
• Quali premesse e informazioni di base devo fornire per facilitare la comprensione della presentazione?

Situazione/Problema/Bisogno/Opportunità
• Qual è la situazione (problemi, opportunità del gruppo)?
• Perché è necessario intervenire?
• Quali sono le motivazioni del gruppo per intervenire?

Soluzione/Proposta
• La proposta è una soluzione specifica del problema?
• È una proposta a senso unico oppure è la migliore alternativa valutata?
• Quali benefici hanno i miei interlocutori da questa proposta? (dettagliare e farne risaltare i vantaggi).

Titolo
• Quale titolo devo dare alla mia presentazione per stimolare un elevato interesse nell’uditorio?
• Il titolo riflette coerentemente i contenuti che risultano importanti per chi vi partecipa (problema e soluzione)?
• Il titolo è formulato positivamente?

Prove oggettive
• Il mio livello di credibilità può sostenere autonomamente la proposta?
• Ci sono dei partecipanti favorevoli alla proposta che ho strategicamente coinvolto nella fase preparatoria (i cosiddetti esperti)?
• Ci sono fatti o esperienze precedenti che possono confermare la validità della proposta?
• Dispongo di dati statistici o testimonianze esterne?

Conclusioni
• Quali sono i messaggi chiave che voglio ribadire per rafforzare il messaggio?
• Si potrebbe dedurre in soli 30 secondi di conclusione che la proposta è convincente?

Piano d’azione
• Se la presentazione sarà accolta favorevolmente, quale sarà il mio piano d’azione (3W)?
• Chi saranno i partecipanti chiamati ad agire e quale azione chiederò loro?

Domande/Obiezioni
• Quali domande di approfondimento e obiezioni devo attendermi?
• Ho previsto un dibattito? Se si, in quale fase?
• Ho applicato la teoria dell’iceberg (10% di informazioni durante la presentazione e 90% disponibili su richiesta)?

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